Teresa dona il suo abito di sposa alla Chiesa dei Cappuccini
Raccogliamo in questa sequenza episodi, aneddoti, affermazioni icastiche, espressioni significative, tratti dall’intero arco della vita di Madre Teresa Grillo Michel: ne esprimono, quasi in sintesi, la spiritualità e la statura morale.
1ª Sequenza – A
Dal libro: La Madre di Andrea Gemma
La veste nuziale – Quando si verificò il cambiamento radicale della vita della Madre, rimasta vedova, ed ella si decise a dedicarsi completamente a Dio e a quei sacramenti di Dio che sono i poveri, si sbarazzò assai presto delle sue case e ciò non solo per esprimere nei fatti la nuova impostazione di vita, ma anche per trasformare i suoi beni in pane per i poveri – operazione questa sempre inculcata dalla Chiesa. A questa decisione non si sottrasse il suo lussuoso abito da sposa. Il quale venne dato alla chiesa del Sacro Cuore (dei Cappuccini) perché fosse trasformato in un paramento sacro, cosa che in effetti avvenne. La pianeta sacerdotale ricavata dall’abito nuziale di Teresa Michel si può ammirare a tutt’oggi nella chiesa del sacro Cuore di Gesù ad Alessandria. Il gesto, per noi che conosciamo la sua vita ha tutto il valore di un simbolo bellissimo: sposa felice ed amata da un degno uomo, Teresa fu portata dalla provvidenziale mano di Dio ad essere sposa di Cristo, trascinando dietro a sé una folta schiera di anime verginali.
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L’azienda della Divina Provvidenza – Nella sua formazione culturale oltre alle belle lettere Teresa apprese anche le discipline pratiche quali i lavori domestici, la contabilità ed anche la musica. Quanto alla contabilità espresse varie volte la felicità di averne al tutto dimenticato le nozioni, «l’azienda della Divina Provvidenza – spiegava – non ha bisogno di libri mastri ». Quanto alla musica, invece, non nascose di averne mantenuta una certa nostalgia, anche se non mise mai più le mani sulla tastiera del pianoforte. Apprezzava con competenza la buona musica. Apprezzava, soprattutto – noi pensiamo – quella che Dio le aveva messo nel cuore ove vibravano le note della più ardente carità.
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Il mandolino – A proposito di musica, la sua passione per lo strumento che manovrava bene, le giocò un brutto scherzo mentre era collegiale a Lodi. Con un lampo di genio e con la complicità delle condiscepole un giorno, afferrato il mandolino, si mise a strimpellarlo in dormitorio mentre le compagne accennavano passi di danza. L’educatrice, immediatamente accorsa, fece cessare l’inusitato chiasso e punì severamente la suonatrice che fu mandata a dormire in una cella isolata.
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Sosta a Napoli – Dopo essere diventata fondatrice e Madre di molte figlie dovendo recarsi nel meridione d’Italia, fece sosta a Napoli e si recò a far visita al parroco che conosceva da quando dimorava nella città partenopea. Saputo dell’evoluzione così straordinaria della vita dell’antica sua parrocchiana, come dimostrava fra l’altro anche l’abito che indossava -«Ricordate – le disse seriamente quante preghiere mi avete fatto fare a sant’Anna per avere figli? Ebbene devo costatare che la santa vi ha adesso abbondantemente esaudito… Me ne rallegro!». Fu la conferma di quel misterioso «sarai madre» che Teresa percepì nel momento della sua crisi benefica.
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Eucaristia e poveri
Due Messe – Le grandi devozioni non si improvvisano. Chi conosce la vita eucaristica di madre Michel – ne dovremo accennare – non si meraviglierà di sapere che già nel soggiorno napoletano accanto al marito, ella aveva preso l’abitudine di assistere ogni domenica non ad una, ma a due sante messe. «Una per me – spiegava – l’altra per mio marito». L’Eucaristia è il centro d’irraggiamento dell’amore vero, anche di quello coniugale benedetto da Dio con il sacramento del matrimonio.
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Un’intera giornata al Cottolengo di Torino – Quando, a conversione avvenuta, Teresa Michel, dietro consiglio del suo cugino, canonico Prelli, si accostò alla vita e all’opera di san Giuseppe Benedetto Cottolengo, fondatore della Piccola Casa della Divina Provvidenza in Torino, volle recarsi colà per prendere visione di quel prodigio di carità meritatamente famoso. Dopo esservisi trattenuta per un’intera giornata ed aver ammirato quanto lì si compiva e notò che tutto era sostenuto da una incessante preghiera nella quale si alternavano ininterrottamente le varie famiglie di assistiti, «Preghiera e poveri!» disse a se stessa. E ne fece la regola inderogabile della sua nuova vita. Siamo i fortunati testimoni della sua fedeltà all’impegno assunto.
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Le tre Marie – Teresa frequentava volentieri il santuario dei padri Cappuccini dedicato al Sacro Cuore in Alessandria. Vi si tratteneva non solo per partecipare alle sacre funzioni, ma anche per trascorrervi lunghi spazi di tempo in preghiera adorante e silenziosa. In questo era affiancata quasi inseparabilmente dalle due amiche, Irma Gorresio di Mondovì, nota per le sue imprese caritative e come membro attivo della Croce rossa, e Teresa De Blasi, fondatrice poi di una congregazione religiosa e destinataria di una fitta corrispondenza epistolare con la Madre. «Ecco le tre Marie! » diceva la gente ammirata, quando vedeva le tre assidue frequentatrici del santuario; mentre insieme pregavano e adoravano.
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Un tavolo e quattro sedie – Un giorno a casa Grillo si presentò un poveraccio male in arnese. Raccontò alla Madre la sua situazione. Per tutta risposta Teresa gli disse di ritornare con un carretto che avrebbe potuto farsi prestare. Detto fatto. L’ometto tornò trascinandosi dietro un carretto traballante. Su questo Teresa senza starci troppo a pensare ordinò gli fossero dati e caricati un tavolo e quattro sedie. «Qui ce ne sono tanti – si giustificava – e in casa di quel poveretto nessuno!». Di quel passo – pensavano i famigli e i parenti – anche casa Grillo sarebbe divenuta spoglia. Cosa che non tardò a verificarsi, come noi già sappiamo.
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Il primo… decreto di canonizzazione di Teresa – La Nina, domestica in casa Grillo, di fronte alle «pazzie» di cui la padrona dava continui documenti, emise il primo… decreto di canonizzazione di Teresa. «Bisogna essere dei santi – esclamò un giorno – per star dietro a tutta questa gente da pulire, da sfamare, con tutte quelle preghiere, quel lavoro, quella penitenza…». Giusto: bisognava essere dei santi. E siccome lei, molto umilmente, avvertiva di non poterlo essere, chiese ed ottenne di potersi congedare da quel servizio che per lei era diventato eccessivamente gravoso.
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La prima comunione, a 5 anni, della piccola Bellingeri
La contessa Rosa Bellingeri – La storia della contessa Rosa Bellingeri che la Madre convertì al cristianesimo racconta dal Torriani. «Il caso della contessa Bellingeri fu presto conosciuto e pare incominciassero contro di lei le rappresaglie, tanto che essa si preparava a fuggire portandosi in America. Come tutte le convertite era entusiasta della religione e avrebbe voluto a sua volta convertire mezzo mondo. Era mamma di una graziosa piccina di cinque anni: si mise in capo di farle fare la prima Comunione; così, qualunque cosa capitasse alla mamma, la bimba era ammessa ai Sacramenti. “Io dovrò fuggire lontano lontano, donna Teresa, forse domani stesso; le affido la mia bimba, è intelligentissima; lei me la preparerà per la prima Comunione. Mi assicuri che riceverà Gesù al più presto…”. La nostra Madre istruì in breve tempo la piccina, tanto che essa fu ben preparata a ricevere nostro Signore e sapeva benissimo Chi andava a ricevere; ma lo scoglio da sormontare era l’età; come far dare, in quei tempi, la Comunione a una bambina di cinque anni…? Interrogò vari prelati tra i quali il Vescovo. Esaminarono la piccina, si meravigliarono tutti della prontezza e della convinzione con la quale rispondeva alle domande del Catechismo, ma tutti declinarono la responsabilità di darle il Pane degli Angeli. Donna Teresa un giorno portò la piccola Bellingeri al prevosto Moretta. Questi la interrogò lungamente, commovendosi; poi rimase assorto in preghiera per alcuni istanti. Decise; “domani la piccina riceverà Gesù nella chiesa di Lourdes. Sono teologo e posso interpretare la legge ecclesiastica”. La Madre esultante passò forse un’altra notte in preghiera…. Per felice coincidenza era venuto nella sera a Sartirana don Luigi Orione, che aveva nel prevosto un prezioso consigliere. Don Moretta gli consegnò una lettera per Leone XIII, dato che il sacerdote tortonese sarebbe andato tra giorni a Roma. Non si sa il tenore della lettera, si sa solo che nella risposta il Papa faceva scrivere: “Ci congratuliamo vivamente con lei reverendissimo prevosto di quanto ha fatto per la cara bambina”» (T., p. 79 s.).
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Ha pregato tutta la notte?
Abbiamo una santa in casa – Anche quest’ altro episodio è dovuto alla penna del Torriani: «In un paese dell’acquese il parroco aveva mandato l’ignota questuante a dormire presso una famiglia di contadini; questi le concessero la camera al pian terreno mentre essi dormivano al primo piano. A mezzanotte la moglie si sveglia e vede, attraverso la botola della scala, illuminata la stanza di sotto. Adagio si affaccia alla botola e scorge la questuante intenta alla lettura, alla luce di un mozzicone di can-dela che essa stessa si era portato. Verso le due la contadina si sveglia ancora, e desta il marito: ma che fa quella donna che veglia ancora? Il marito si alza, guarda giù dalla botola, e vede la questuante inginocchiata che prega. – Abbiamo una santa in casa, concludono. All’indomani ne riferiscono al parroco. Questi non ha che una parola: – Ha pregato tutta la notte? Allora è la Michel di Alessandria (Torriani). È sempre l’attuazione del programma che conosciamo: «preghiera e poveri… ».
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Sui gradini della porta d’un cimitero – Un’altra volta, doveva essere tempo di bella stagione, le due questuanti decisero di trascorrer la notte adagiate sui gradini della porta d’ingresso d’un cimitero. Questo si trovava lungo la strada che mena al Santuario di Varallo (VC). Alcune pellegrine che passavano identificarono immediatamente le due come anime del purgatorio. E spaventate si dettero alla fuga. Le questuanti si misero a seguirle nell’intento di spiegare l’equivoco, ma più esse muovevano il passo più quelle fuggivano spaventate.
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Allegria nel Signore!
Allegria nel Signore – «Quando Gesù vede il vuoto pensa lui a riempirlo» – erano queste le parole con cui la Madre spiegava i suoi gesti di illimitata fiducia nella Divina Provvidenza che la portavano a dar via in beneficenza anche gli ultimi spiccioli che si trovavano in casa. Erano i momenti della sua felicità quasi fanciullesca, allorché dopo aver dato l’ultima elemosina, scuoteva il borsellino vuoto. Secondo la sua facile filosofia evangelica era questo il modo con cui… obbligare la bontà di Dio ad intervenire in favore dei suoi assistiti. Così insegnava alle sue figlie. Un giorno passavano sotto le finestre del Piccolo Ricovero alcuni suonatori ambulanti che cercavano, in tal modo, un po’ di elemosina. La suora addetta alla cucina aveva solo due lire per provvedere al pranzo. Prese le due monete, mentre le pentole bollivano in attesa di qualcosa da mettervi dentro, e le diede ai suonatori. Invitò quindi le altre addette alla cucina a ballare con lei al grido «Allegria nel Signore!». Improvvisamente suonò il campanello della porta d’ingresso: una vecchietta dimessa e male in arnese consegnò settecento lire dicendo d’esser mandata dalle… anime del purgatorio.
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Buon segno! – «Signora Madre, – disse un giorno una postulante preoccupata – oggi non abbiamo neppure la legna per accendere il fuoco!». Pronta la risposta: «Buon segno! Vuoi dire che la Divina Provvidenza vorrà mandare il pranzo già cotto!». Poco dopo mezzogiorno, infatti, giunsero due pentolini di minestra calda, avanzo di qualche grande pranzo in città.
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La dolorosa notizia – In uno dei suoi viaggi transoceanici di ritorno in Italia, in vista del porto di Genova, improvvisamente disse alla suora che aveva accanto: «Sento che ad Alessandria troveremo una suora morta». «Forse la vecchia suor Addolorata?». «No – riprese la Madre – ma una più giovane. Preghiamo per lei che è in agonia». Giunta a casa, tra la meraviglia delle figlie che non osavano comunicarle la dolorosa notizia, fu lei stessa a chiedere chi fosse morto il giorno prima.
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Le anime belle non incutono paura – Una sera, riferiscono le suore che si trovavano presenti, la Madre ebbe la visione di suor Consolata da poco defunta e pregò con lei. Le suore, a cui ella stessa aveva comunicato l’accaduto, le domandarono se non si fosse spaventata. «No – rispose – le anime belle non incutono affatto paura».
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Il demonio vuole disturbarci – Un’altra volta stando le suore in Cappella e in preghiera con la Madre si avvertirono strani e ripetuti rumori. «State tranquille – intimò lei -. È il demonio che vuole disturbarci. Continuate a pregare».
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La Provvidenza c’è per tutti
La sua carità – I «fioretti» di madre Teresa, più belli e profumati, riguardavano la sua carità, ossia il suo cuore di madre, aperto ad un amore senza limiti specie per i più piccoli e i più poveri. L’amore – dice san Paolo ‑ gode del bene altrui. Nessuna gelosia si poté mai cogliere nelle parole e negli atteggiamenti di lei nei confronti di chi percorresse il suo stesso cammino di carità. Capitavano spesso, in Alessandria, suore d’altre famiglie religiose che, intente alla questua, bussavano anche alla porta del Piccolo Ricovero. «Se vanno quelle ‑ commentavano le figlie di madre Teresa ‑ non possiamo andare più noi…». E mostravano segni di insofferenza. «La Provvidenza c’è per tutti» ‑ ribatteva la Madre, e si tratteneva con affabilità e a lungo con le sopravvenute, interessandosi alle loro opere di carità.
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Portò la bimba nella sua camera, ivi la lavò e pulì bene…
I poveri, nostri padroni, hanno diritto di precedenza – Racconta una suora: «In un giorno del 1895 mi presentai al Piccolo Ricovero per alloggio, essendo in viaggio per questua. La Madre mi ricevette con molta gentilezza, ma avevamo appena cominciata la conversazione, quando una donna portò in parlatorio una bambina con la faccia piena di scrofole, supplicando venisse ricoverata. La Madre, alla vista della povera piccina, interruppe immediatamente il colloquio con la suora. Oh, il caro tesoro! esclamò – Da dove vieni’? E hai molto male? Sì, sì, sta con noi, e pregheremo la Madonna che ti faccia guarire». Così dicendo la prese in braccio e la baciò ripetutamente in faccia. Intanto la donna che l’aveva portata la raccomandava con viva insistenza, non occorreva sollecitare tanto la Madre per ottenere il ricovero. Essa si licenziò momentaneamente dalla suora forestiera e portò la bimba nella sua camera. Ivi la lavò e pulì bene dicendole chissà quante parole affettuose, poi la consegnò alle suore. Ritornata alla questuante forestiera, si scusò di averla lasciata: «Quando si tratta di poveri ammalati, si tratta dei nostri padroni – disse – ed hanno diritto di precedenza…». La suora che raccontò l’episodio, passò poi tra le Piccole Suore della Divina Provvidenza.
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La pubblicità non è necessaria – Quando l’Opera della Madre s’era ormai consolidata e s’imponeva al rispetto e all’ammirazione di tutti, non mancarono coloro che, ricchi di umana prudenza ed esperienza, invitavano a far conoscere l’Opera anche con qualche pubblicazione periodica, alla maniera di tutte le altre opere similari. Madre Michel tagliò corto: “La Divina Provvidenza non ha bisogno di questi mezzi di propaganda…” .