Il primo dei sette diaconi di Gerusalemme
La celebrazione liturgica di Santo Stefano è da sempre fissata al 26 dicembre, subito dopo il Natale, perché nei giorni seguenti alla manifestazione del Figlio di Dio, sono posti i “comites Christi”, cioè i più vicini nel suo percorso terreno e primi a renderne testimonianza con il martirio. Così al 26 dicembre c’è Santo Stefano protomartire (il primo cristiano ad aver dato la vita per testimoniare la propria fede in Cristo e per la diffusione del Vangelo). Segue al 27 San Giovanni Evangelista, il prediletto da Gesù, autore del Vangelo dell’amore, poi il 28 i Santi Innocenti, bambini uccisi da Erode con la speranza di eliminare anche il Bambino di Betlemme; secoli addietro anche la celebrazione di San Pietro e San Paolo apostoli, capitava nella settimana dopo il Natale, venendo poi trasferita al 29 giugno.
Della data di nascita di Stefano non si sa nulla, anche se è possibile fissare con una certa sicurezza quella della morte, per la modalità con cui avviene: il fatto che non vengao ucciso mediante crocifissione (ovvero con il metodo usato dagli occupanti romani), bensì tramite lapidazione, tipica esecuzione giudaica, significa che la morte di Stefano avviene nel 36 d.C., durante il periodo di vuoto amministrativo seguito alla deposizione di Ponzio Pilato, il quale si è irrimediabilmente inimicato la popolazione per l’eccesso di violenza usata per sedare la cosiddetta rivolta del monte Garizim. In quel periodo a comandare in Palestina è quindi il Sinedrio, che esegue le condanne a morte tramite lapidazione, secondo la tradizione locale. Una esecuzione di questo tipo, così come la morte di Giacomo sempre per lapidazione, sono contrarie al diritto romano, in quanto nelle province dell’impero i romani si riservano in esclusiva i processi capitali e la pena di morte.
Il suo martirio è descritto negli Atti degli Apostoli dove appare evidente sia la sua chiamata al servizio dei discepoli sia il suo martirio, avvenuto per lapidazione, alla presenza di Paolo di Tarso prima della conversione.

In un discorso tenuto nel 425, Sant’Agostino riferisce che, subito dopo il ritrovamento a Gerusalemme del corpo di santo Stefano, nel 415, iniziano a verificarsi miracoli nei suoi luoghi di culto. Si racconta che molti miracoli avvengano semplicemente toccando le reliquie, addirittura solo attraverso il contatto con la polvere della sua tomba. Al rinvenimento delle reliquie di Santo Stefano è legata anche la dedicazione della seconda cattedrale di Concordia Sagittaria. Adesso il cranio del Santo è conservato nel museo del duomo di Caorle dove, probabilmente, sono gli abitanti della vicina Concordia Sagittaria a trasportarlo poiché si sono rifugiati nella laguna caorlotta.
Per il fatto di essere stato il primo dei martiri cristiani, la sua festa liturgica si celebra il 26 dicembre, cioè immediatamente dopo il Natale che celebra la nascita di Cristo. Il colore della veste indossata dal sacerdote durante la Messa in questo giorno è il rosso, come in tutte le occasioni in cui si ricorda un martire. Anche la Chiesa ortodossa ricorda il santo in questa data.
La lapidazione di Santo Stefano in una illustrazione del 1886
Messaggio di Papa Francesco – S. Stefano 2018
La gioia del Natale inonda ancora i nostri cuori: continua a risuonare il meraviglioso annuncio che Cristo è nato per noi e porta al mondo la pace. In questo clima di letizia, celebriamo oggi la festa di Santo Stefano, diacono e primo martire. Potrebbe sembrare strano accostare la memoria di Santo Stefano alla nascita di Gesù, perché emerge il contrasto tra la gioia di Betlemme e il dramma di Stefano, lapidato a Gerusalemme nella prima persecuzione contro la Chiesa nascente. In realtà non è così, perché il Bambino Gesù è il Figlio di Dio fattosi uomo, che salverà l’umanità morendo in croce. Ora lo contempliamo avvolto in fasce nel presepe; dopo la sua crocifissione sarà nuovamente avvolto da bende e deposto in un sepolcro.
Santo Stefano fu il primo a seguire le orme del divino Maestro con il martirio; morì come Gesù affidando la propria vita a Dio e perdonando i suoi persecutori. Due atteggiamenti: affidava la propria vita a Dio e perdonava. Mentre veniva lapidato disse: «Signore Gesù, accogli il mio spirito» (At 7,59). Sono parole del tutto simili a quelle pronunciate da Cristo in croce: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito (Lc 23, 46). L’atteggiamento di Stefano che imita fedelmente il gesto di Gesù, è un invito rivolto a ciascuno di noi ad accogliere con fede dalle mani del Signore ciò che la vita ci riserva di positivo e anche di negativo. La nostra esistenza è segnata non solo da circostanze felici – lo sappiamo -, ma anche da momenti di difficoltà e di smarrimento. Ma la fiducia in Dio ci aiuta ad accogliere i momenti faticosi e a viverli come occasione di crescita nella fede e di costruzione di nuove relazioni con i fratelli. Si tratta di abbandonarci nelle mani del Signore, che sappiamo essere un Padre ricco di bontà verso i suoi figli.
Il secondo atteggiamento con cui Stefano ha imitato Gesù nel momento estremo della croce, è il perdono. Egli non maledice i suoi persecutori, ma prega per loro: «Piegò le ginocchia e gridò a gran voce: “Signore, non imputare loro questo peccato”» (At 7,60). Siamo chiamati ad imparare da lui a perdonare, perdonare sempre, e non è facile farlo, tutti lo sappiamo. Il perdono allarga il cuore, genera condivisione, dona serenità e pace. Il proto-martire Stefano ci indica la strada da percorrere nelle relazioni interpersonali in famiglia, nei luoghi di scuola, nei luoghi di lavoro, in parrocchia e nelle diverse comunità. Sempre aperti al perdono. La logica del perdono e della misericordia è sempre vincente e apre orizzonti di speranza. Ma il perdono si coltiva con la preghiera, che ci permette di tenere fisso lo sguardo su Gesù. Stefano è stato capace di perdonare i suoi uccisori perché, pieno di Spirito Santo, fissava il cielo e aveva gli occhi aperti su Dio (cfr At 7,55). Dalla preghiera gli venne la forza di subire il martirio. Dobbiamo pregare con insistenza lo Spirito Santo perché effonda su di noi il dono della fortezza che guarisce le nostre paure, le nostre debolezze, le nostre piccolezze e allarga il cuore per perdonare. Perdonare sempre!
Invochiamo l’intercessione della Madonna e di Santo Stefano: la loro preghiera ci aiuti ad affidarci sempre a Dio, specialmente nei momenti difficili, e ci sostenga nel proposito di essere uomini e donne capaci di perdono.